La tintura rossa

Home / Recensioni / La tintura rossa
La tintura rossa
Quando il bene e il male si incontrano

 

La tintura rossa è il nuovo romanzo di Emanuele Delimglio pubblicato per la collana Medical Noir di Ink Edizioni. Il rosso è il protagonista indiscusso di questa storia, con cui viene chiamata anche la quarta e ultima parte del romanzo; ma ci sono anche altri colori a fare da protagonisti, come il nero che domina la prima parte del racconto, creando un cerchio che si apre con il mistero e si chiude con una colpa difficile da lavare, quasi fosse una macchia indelebile. Poi c’è il bianco della seconda parte, dove si esplora l’intelligenza arguta ma anche l’ingenuità (o anche inettitudine) del protagonista, che non riesce a prendere in mano la sua vita; il giallo colora la sezione che anticipa la conclusione, e dalla quasi purezza ci si avvicina sempre di più a qualcosa di tanto inspiegabile quanto raccapricciante. A loro si aggiungono i protagonisti di questo romanzo dalle tinte fosche – o forse sarebbe più corretto dire rosse – dalle cui pagine è difficile staccarsi, sia per l’intensità dell’intreccio sia per la costruzione particolarmente dettagliata della psicologia dei personaggi.

Remo Nebel è il personaggio principale, un professore di tedesco che insegna alle superiori e che accompagna il lettore nel suo lungo viaggio fatto di diverse tappe: la prima è la ricerca del suo Io, attraverso le teorie junghiane secondo cui la vita dell’individuo è un percorso, un processo di individuazione e di realizzazione del sé personale che deve poi confrontare con l’inconscio individuale e collettivo. Dovrà partire, dunque, dalle macerie di ciò che è rimasto della sua personalità per riscostruire la propria identità: ma costruirà davvero qualcosa?

La seconda riguarda il recupero della memoria, dopo aver subito un trauma durante un viaggio negli Stati Uniti, che gli ha causato la perdita dei ricordi legati a quelle due settimane. È uno dei tasselli importanti per ritornare a condurre la vita dalla mediocre tranquillità di prima.

L’ultima è legata alle sue ricerche sugli scambi epistolari tra Salgari e altre personalità illustri del suo tempo.

Tutte queste tappe sono legate tra di loro da un unico filo conduttore: la ricerca di una misteriosa tintura rossa, una bevanda che sembra circolare dalla metà dell’Ottocento e che ha degli effetti sconosciuti. L’unica certezza è che dopo averla bevuta non si è più gli stessi.

La sua insicurezza davanti alle difficoltà attira l’attenzione di Homer, un uomo dissoluto dal carattere completamente opposto a quello di Remo, e cercherà di imporsi come coach per aiutare il professore, noncurante del fatto che gli provoca altri guai.

Un ultimo incontro importante che segnerà una svolta nella vita del professore è con Alma, sua collega di lavoro: lo aiuterà non solo nelle sue ricerche, ma anche a risolvere i suoi problemi con la memoria. Anche lei è una delle tante persone intrise di mistero che circondano Remo, in una città come Verona che appare meno romantica, ma più reale e immersa nelle problematiche quotidiane. L’attenzione ai dettagli è presente anche nell’accuratezza con cui viene descritta la città di Verona, dove l’autore è riuscito a creare una perfetta cartografia che permette al lettore di visualizzare i quartieri e le strade del centro della città anche se non l’ha ancora visitata.

 

La trama è un intreccio ingarbugliato, una matassa di situazioni che si intersecano tra di loro e che, lentamente, costruiscono un puzzle che renderà chiaro l’intero mistero!

Sono molti i riferimenti presenti all’interno di questo libro: non è un semplice noir, ma molto di più. Si parla di psicologia e dei vari metodi che vengono applicati con i diversi pazienti in base alle loro problematiche: Remo segue la pratica della psicoterapia psicodinamica, un tipo di terapia basata sui metodi della psicanalisi e della psicodinamica, ossia lo studio di forze o attività psichiche che possono interagire o entrare in conflitto, dando origine comportamenti che sono considerati disturbo psichico. Questo tipo di approccio prevede incontri meno frequenti ed è di breve durata rispetto al normale trattamento psicoanalitico.

Un ulteriore riferimento al mondo della psicanalisi è dato dalla presenza delle teorie di Jung: Remo stesso confessa ad Homer di aver scritto una tesi in cui confrontava il pensiero di Jung a quello di Freud e Adler. Sarà proprio questo che lo unirà – in una convivenza forzata – alla personalità eccentrica e ombrosa di Homer, al punto che la sua vita ne resterà sconvolta. Non è un caso che venga citato il processo di identificazione di Jung, secondo cui c’è un collegamento tra processi alchemici e dimensione dell’immaginazione umana e questo porta alla consapevolezza della propria individualità e scoperta dell’essere interiore. Il protagonista dovrà decostruire ciò che è diventato per ritrovare la sua vera identità, e grazie al contatto con l’onirico, o per meglio dire con l’ipnosi, riuscirà nel suo intento. Ma il risultato ottenuto, sarà quello che si aspettava?

Un secondo filone che arricchisce la trama è quello letterario: sono molti, infatti, i richiami al mondo della letteratura, soprattutto gotica e noir. Il riferimento più evidente riguarda Lo strano caso di Doctor Jeckyll e Mister Hide di Stevenson, non solo per la ripresa del tema del doppio che è il collante della trama, ma anche perché sono proprio i personaggi del suo romanzo a essere reinterpretati e inseriti in un nuovo racconto. La prima a fare la sua comparsa è Mary Reilly, la ragazza che nel mondo creato da Stevenson era la domestica di Doctor Jeckyll ed è lei che si accorge di un delitto commesso da Mister Hide ma che viene, purtroppo, incastrata e dichiarata colpevole. Anche qui ha un ruolo centrale per lo sviluppo della storia: è la misteriosa dama velata presente al funerale di Siro Zuliani, il Duca di Santo Stefano. Pare che si fosse innamorata di lui e che avesse ricevuto la tintura rossa: sembra che sia grazie a lei se questa bevanda abbia il giro d’Europa, per poi finire Oltreoceano. Tornata in Inghilterra, Mary parla – molto probabilmente – con Lanyon della tintura, scienziato per cui lavorava come domestica. Il secondo personaggio stevensoniano fa così la sua comparsa, non più come medico e amico di Doctor Jeckyll, ma come famoso scienziato della seconda metà del XIX secolo e amico di Stevenson stesso: secondo la ricostruzione fatta da Remo pare, infatti, che l’autore scozzese abbia tratto ispirazione per il suo romanzo proprio dalla scoperta, tramite il suo amico scienziato, di questa sostanza dagli effetti misteriosi.

Alla finzione letteraria si uniscono anche riferimenti a grandi occultisti e criminali statunitensi realmente esistiti, come Edward Alexander Crowley, noto come Aleister, mago e occultista statunitense che nel racconto sembra essere uno delle prime persone Oltreoceano ad entrare in possesso della tintura, perché si dice che prima di dedicarsi all’esoterismo, avesse uno stile di vita completamente diverso.

Un’altra personalità nota è Charles Manson, criminale statunitense che durante gli anni Sessanta ha radunato attorno a sé un gruppo di giovani, con i quali ha organizzato le varie stragi. È lui l’ultima persona in vita a detenere la tintura rossa e questo spinge Remo Nebel a partire per gli Stati Uniti; ma il destino sembra essergli avverso, perché Manson muore qualche mese prima che il protagonista parta. Non gli resta che rivolgersi al figlio illegittimo ed erede della setta, ma di quell’incontro non ricorda nulla, nemmeno se abbia effettivamente avuto luogo.

Ma la realtà storica e la letteratura si fondono anche attorno ad altre figure come Emilio Salgari, Cesare Lombroso e Siro Zuliani, meglio conosciuto per i veronesi come Duca di Santo Stefano. Questi sono nomi hanno scritto, infatti, la storia di Verona, la città dove è ambientato l’intero romanzo: Emilio Salgari è il noto scrittore di avventure che, prima di dedicarsi alla scrittura dei suoi romanzi, ha lavorato come giornalista per La Nuova Arena, il periodico di Verona. È lui il punto di partenza delle ricerche di Remo, o forse è la copertura che utilizza davanti al mondo per poter sperimentare le vie perverse del male: ufficialmente, infatti, i suoi studi si basano sugli scambi epistolari tra il famoso scrittore e le altre personalità illustri del suo tempo. La vera ragione per cui compie questa ricerca, però, è ben diversa: come confesserà ad Alma, secondo lui Salgari stava cercando informazioni circa il suicidio di Siro Zuliani non solo per scriverci un articolo di cronaca, ma soprattutto per scoprire più informazioni riguardo una strana sostanza che sembrava cambiare le persone che l’avevano assunta, spingendole e compiere azioni riprovevoli. Siro Zuliani, un imprenditore veronese noto per aver organizzato molti carnevali sfarzosi in città e, per questo, si era procurato molti debiti che lo avrebbero spinto alla morte, in questo racconto assume un aspetto diverso, giustificando i suoi comportamenti eccentrici come la causa diretta di un male di cui si era impossessato: spesso il Duca di Santo Stefano si impossessava della volontà di Zuliani, proprio come Hide faceva con Jeckyll.

 

La tintura rossa è un metaromanzo, un giallo nel giallo, dove alla vicenda della ricerca della tintura rossa si unisce la ricerca di quello che è successo nelle due settimane che Remo ha passato negli Stati Uniti e che la sua memoria ha rimosso volutamente a seguito del forte trauma. Due strade, due percorsi che hanno la stessa risoluzione in una chiusura con la scoperta sconcertante che Remo su se stesso e per la volontà di Homer di voler ribaltare le norme sociali in nome di una falsa giustizia personale che il professore più volte proverà a confutare. E il protagonista, alla fine, capirà di essere lui stesso il luogo dove il bene e il male si confrontano, si scontrano e, infine, convivono.

 

 

Raffaella Forzati